La terra delle gravine
La terra delle gravine
Grottaglie una perla in una terra preistorica

Le gravine sono profondi canyon che si sono formati circa 800 mila anni fa dalla combinazione fra fenomeni carsici, azione erosiva dei torrenti e delle piogge e grandi sommovimenti tellurici e solcano gli abitati soprattutto delle cittadine del tarantino, oltre a quello di Gravina in Puglia in provincia di Bari, e in particolare di Castellaneta, Crispiano, Ginosa, Grottaglie, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello, Palagiano, Statte. 

L’uomo preistorico vi ha scavato il calcare tufaceo lungo le pareti digradanti verso gli alvei ormai prosciugati, creando centinaia di grotte ed antri intricati che sono stati abitati dal III millennio a.C. fino a tutto il 1.800, di volta in volta trasformati ed adattati ad usi diversi dai popoli della Magna Grecia fino a quelli che hanno visto nascere l’epoca moderna.

Qui arbusti di lentischio, mirto, fillirea, alaterno, si insinuano fra rocce ed anfratti e contendono lo spazio a pini d’Aleppo, cisti, roverelle, lecci, olmi, corbezzoli, fichi, sambuchi, fichi d’india.

Un trionfo di fiori selvatici (orchidee, ciclamini, viole, campanule, camomilla, papaveri, malva, rose) si alterna fra grotte, sassi e dirupi, alla macchia mediterranea che rimanda aromi di timo, ruta, rosmarino, menta, alloro, salvia, origano, camomilla verso i quartieri più recenti e i centri storici delle cittadine che si affacciano su questi abissi traforati, i cui alvei sono animati da greggi di pecore e di capre che seguono docili i richiami dei pastori o il latrare dei cani che le riuniscono e le indirizzano su sentieri antichi.

Nella gravina la vita ha i ritmi e i cicli di madre natura, con lo spirare del vento che si insinua nei canyon rimandando echi sopiti da millenni di un’umanità che pare quasi risvegliarsi e materializzarsi, soprattutto al pallido chiarore delle notti di luna piena, per raccontare storie di mondi persi in un alternarsi di vita e di morte, di odio e di amore, di  lotte e di arcadie, di sacro e profano. Elementi dionisiaci ed apollinei sembrano riproporsi in un’infinita alternanza fra fisicità tellurica e serene armonie celesti nonostante le ingiurie e le violenze che l’uomo d’oggi ha purtroppo inferto a questo straordinario ambiente naturale e che invece uomini trogloditici ma soprattutto monaci bizantini ed oscuri architetti e pittori, hanno reso così fiabesco, unico ed affascinante. Visitando le grotte delle gravine sembra di rivivere la vita di digiuni e privazioni degli eremiti e dei monaci bizantini, che vi si sono installati a partire dal IX secolo in cerca di raccoglimento, ascesi e distacco dalle cose terrene, disturbati spesso dalle pratiche meno mistiche e più terrene delle…“streghe delle grotte accanto”.

Molto frequentate erano anche quelle dei maghi che dispensavano a malati o sofferenti di pene d’amore, filtri e pozioni ottenuti dalle centinaia di piante officinali che crescono rigogliose in gravina. 

A Massafra, per esempio, nella gravina della Scala, in una cripta rupestre trasformata in “farmacia” sembra operasse un certo mago Greguro. Le melodie dei monaci salmodianti sembrano ancora mischiarsi alle preghiere dei fedeli e riecheggiare fra le volte delle cripte e delle chiese rupestri, dalle cui nicchie si affacciano affreschi di ieratici e severi Cristi, di Arcangeli guerrieri, di tenere e dolcissime Madonne con Bambino e di Santi rapiti in estasi mistiche. Accanto ci sono i segni dello scorrere della vita e delle attività economiche e sociali quotidiane di allora: abitazioni, mulini, forni, frantoi, fucine, cisterne, rifugi di greggi, necropoli, gradinate, canalizzazioni, pozzi, sentieri su cui sembrano riapparire madri e bambini, pastori e contadini, briganti e cavalieri e lunghe processioni di penitenti in preghiera in pellegrinaggio ai santuari rupestri.

La “terra delle gravine”: paesaggio culturale vivente.

Tutto questo mondo rischia di scomparire a causa del degrado provocato da alcuni crolli nel corso dei millenni, ma soprattutto dall’inquinamento determinato dall’espansione della popolazione nelle città che sovrastano le gravine, fra l’indifferenza di molti, contrastata solo dall’opera tenace di alcune istituzioni ed amministrazioni pubbliche, di intellettuali e di gente comune più sensibili ai problemi della salvaguardia della propria cultura e della propria identità.

Al di sopra delle gravine scorre infatti la vita caotica e frenetica dell’oggi con i sui problemi, i suoi stress, i rumori del traffico e delle varie attività della nostra moderna civiltà. 

La “terra delle gravine” è quindi  a tutti gli effetti la sintesi perfetta di uno dei paesaggi culturali viventi perchè, secondo la Convenzione Unesco sul patrimonio culturale immateriale/intangibile 

“conservano un ruolo sociale attivo nella società contemporanea, associato strettamente al modo di vita tradizionale e nei quali il processo evolutivo continua e che allo stesso modo costituiscono un documento della loro evoluzione nel tempo”. 

La terra delle gravine è infatti un paesaggio esemplificativo della “civiltà rurale”, dove convivono cultura materiale e immateriale, patrimonio naturale, geologico, archeologico, paesaggistico, religiosità, tradizioni, riti, antichi saperi e sapori, coniugati con saperi, produzioni e ritmi della modernità. Accanto alla “civiltà rupestre” inoltre in tutta la Puglia si è sviluppata in epoche più recenti anche una “civiltà contadina” che ha costituito un nuovo sistema di vita esemplificato visivamente dalle masserie e dai trulli che animano il paesaggio agricolo. 

Queste strutture, che spesso si integrano fra loro, sono nate dall’esigenza di una presenza costante in un territorio aspro e avaro, da “spietrare” per rendere produttive le campagne che oggi sono un alternarsi di distese di verde e di muretti a secco, di bassi vigneti e di terra rossiccia che affiora fra i filari, di ulivi millenari (purtroppo oggi minacciati da un micidiale insetto: la xylella!) veri bizzarri monumenti della natura e di campi fioriti. A coppie o a gruppi i trulli “presidiano” le campagne con le loro singolari cupole coniche ed il bianco abbagliante dei pinnacoli e dei muri perimetrali.

La loro architettura, mediata sembra dai tholos micenei, ha qualcosa di magico e, per quanto ignoto sia, il loro ideatore di certo deve essere stato un sognatore, amante dei mondi popolati da elfi che alle brume tetre delle foreste celtiche hanno preferito gli aperti orizzonti, il tepore e la solarità mediterranei.

Taranto “porta” della terra delle gravine

Porta di ingresso della “terra delle gravine” è Taranto, già capitale della Magna Grecia, città dei due mari, un po’ isola, dominata dall’imponente mole del Castello Aragonese (XV sec.) e un po’ penisola, con il suo centro storico che spalanca sulla marina la nobiltà decaduta di splendidi palazzi, che purtroppo stentano ad essere recuperati alla loro antica bellezza e che, insieme alla valorizzazione delle gravine, potrebbero invece costituire una straordinaria occasione di sviluppo del turismo, dando quindi una svolta positiva anche alla crisi dell’occupazione, al degrado ambientale e alle difficoltà che attraversano le comunità della terra delle gravine. Questa terra infatti, oltre alle testimonianze della “civiltà rupestre”, ha altre straordinarie risorse storico-archeologiche come quelle della civiltà della Magna Grecia, conservate al MarTa, il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, fra i più importanti in Italia. Da non perdere assolutamente la straordinaria collezione dei cosiddetti “ori di Taranto”: anelli con sigillo, bracciali, orecchini, diademi a foglia di quercia di stupefacente bellezza, provenienti dalle necropoli del IV e III secolo a.C., dalle tombe e dai monumenti funerari fino all’epoca della romanizzazione della città.

Di gravina in gravina nel tarantino

I comuni della “terra delle gravine” sono inseriti nel “Parco Naturale delle Gravine”, istituito nel 2005 che però non ha prodotto risultati concreti in termini di progettualità, iniziative e attività di gestione, marketing e valorizzazione dello straordinario patrimonio naturalistico, archeologico, culturale e antropico dei vari comuni che ne fanno parte.

Uno dei difetti d’origine infatti secondo me consiste proprio nella stessa definizione di “Parco Naturale”, che quindi parrebbe escludere fin dall’origine l’attività e gli interventi dell’uomo che ne hanno definito l’attuale assetto. Tale definizione inoltre ignora clamorosamente anche la fortissima antropizzazione che caratterizza tutto il territorio  e dove risiedono e operano decine di migliaia di persone e dove di conseguenza convivono tutti gli elementi e tutti i fattori caratterizzanti di un:

“Paesaggio Culturale Vivente” come definito dall’UNESCO. In alcuni siti rupestri sono stati inoltre ambientati diversi film, tra cui “Il Vangelo secondo Matteo” di P.P. Pasolini e per ultimo “Il racconto dei racconti – Tale of Tales” di Matteo Garrone, presentato recentemente al 68° Festival del Cinema di Cannes, tratto dalla raccolta di fiabe del ‘600 “Lo cunto de li cunti” di Giovan Battista Basile.

e annotazioni che seguono sono soltanto indicazioni molto sommarie sulle emergenze più interessanti e caratterizzanti alcuni comuni della “terra delle gravine”. Informazioni e immagini per programmare un viaggio alla scoperta della “terra delle gravine” si possono trovare al sito ufficiale del turismo in Puglia: www.viaggiareinpuglia.it.

I comuni della "terra delle gravine" sono: Castellaneta - Crispiano - Ginosa - Laterza - Massafra - Mottola - Palagianello - Palagiano - Statte e la nostra splendida:

Grottaglie  – Il suo nome significa “città dalle molte grotte” a causa della presenza nel suo territorio di numerose grotte scavate lungo le pareti delle gravine, tra cui quella di Riggio che, unica in tutta la Puglia, ha una cascatella che va a formare un suggestivo laghetto specie in periodi di piogge.

Oggi però la città è nota soprattutto per la lavorazione delle ceramica, il cui quartiere sorge lungo la gravina San Giorgio e nelle vie Crispi e Caravaggio, dove si affacciano le botteghe i laboratori e i forni di cottura dei ceramisti, le cui produzioni sono protette da marchio DOC. 

I colori caratterizzanti la ceramica rustica sono il verde marcio, il giallo ocra, il blu e il manganese. Merita una visita il Museo della Ceramica, ospitato nel Castello Episcopio, che ha diverse sezioni che vanno da quella archeologica con reperti che risalgono al VII e IV secolo a.C., a quella dedicata ai manufatti di uso domestico quotidiano, fino alla ceramica contemporanea.

Proprio nei pressi del Castello Episcopio, incastonato in un quartiere dal sapore antico sorge il nostro Hotel che, sicuramente, vi regalerà un panorama mozzafiato dalla nostra terrazza, proprio sulle gravine di Puglia.